Un nuovo allestimento per le sale dell’Ala sud del piano nobile di Palazzo Barberini: un’area del museo che, dopo oltre ottanta anni di gestione del Ministero della Difesa, torna ad essere contenitore per i capolavori del Settecento. Un nuovo progetto che include anche nuovi impianti di illuminazione, grafiche, pannelli e didascalie che mettono il fulcro sull’arte al fine di rendere il percorso di visita più completo ed emozionale. Tra le novità, l’ingresso dalla scala elicoidale progettata da Francesco Borromini.
Il nuovo allestimento di Palazzo Barberini
Una prima trance per questo nuovo allestimento del museo che vuole divenire un modello. Un intreccio affascinate tra gli spazi del Palazzo e la collezione che si sviluppa recuperando le percorrenze, le prospettive, ma anche il rapporto tra interno ed esterno. Settantotto opere esposte in un allestimento che non sarà definitivo, ma subirà un rinnovamento ciclico ogni sei mesi. Un progetto che vuole far percepire Palazzo Barberini non solo come contenitore d’arte, ma anche come palazzo storico della Capitale. Opere che dialogano con le sale in uno scambio di storie, di emozioni, di vibrazioni.
Ma le novità non finiscono qui: in programma il prossimo allestimento di una caffetteria nel cortile nord così da rendere gli spazi museali ancor più appetibili dal pubblico. E ancora: laboratori tematici negli ambienti situati al secondo piano con una collezione di copie e bozzetti messa a disposizione degli studenti d’arte.
Arte fulcro del museo
Quattro sale tematiche in cui l’arte scorre seguendo la linea temporale partendo dalla seconda metà del Seicento, passando per i napoletani con Mattia Preti, sino a giungere al Settecento. Opere più o meno note come il busto di Clemente X di Gian Lorenzo Bernini, o la Cena del ricco Epulone di Mattia Preti; o le scarpette dalla collezione di arte decorativa, un pezzo unico. Un florilegio di opere che intrecciano pittura e scultura con una circolazione di forme e idee propria del Settecento.

Un’esposizione che ha visto il restauro e la revisione di oltre quaranta opere; un lavoro accurato per migliorare la fruibilità e la conservazione di veri e propri capolavori. Un percorso che inizia partendo dalla Sala del Trono con opere commissionate dalla famiglia Barberini; frammenti di storia che sottolineano la vita del Palazzo un tempo abitato dalla celebre famiglia di mecenati e protettori delle arti.
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Arte in dialogo
Un allestimento arioso che lascia spazio allo spettatore non distraendolo con un trionfo di opere che affollano le sale; un accorgimento che concentra l’attenzione al modo in cui i dipinti parlano allo spettatore, agli aspetti della pittura, alla sua dimensione allusiva, teatrale. Una possibilità gradita per soffermarsi sulle opere e goderne appieno.
Sale che una dopo l’altra offrono la propria dominante sensoriale: il tatto nella sala dedicata a Mattia Preti, la sensualità, la sensibilità tra Seicento e Settecento; la vista in abbinamento ai vedutisti.
Le opere tra teatro e pittura

La teatralità, questo il principio dominante della pittura seicentesca; un elemento scenografico che accomuna pittori distanti tra loro per formazione. Un esempio la Maria Maddalena di Guido Cagnacci, un dipinto devozionale, simbolo di penitenza, di vita eremitica in cui la donna è presa da una visione mistica. Un’opera che invita a guardare oltre la narrazione strutturata. Dialoghi costruiti ad arte come quello tra la Venere che suona l’arpa di Giovanni Lanfranco e la Giuditta e Olofene di Francesco Furini, in cui l’osservatore più attento può cogliere il comune dettaglio: le calzature indossate dalle due protagoniste. Una Giuditta che svela le gambe dirigendo lo sguardo dell’avventore verso il fulcro del racconto, quelle calzature che rapirono gli occhi di Olofene sino a costargli la vita. Una contrapposizione ideale con il dipinto avente lo stesso soggetto opera di Caravaggio in cui la donna è raffigurata come eroina.
Arte non solo per gli occhi
L’arte ci parla, in un modo particolare ma di cui se ne può udire l’eco che risuona nel tempo. Echi che narrano di commissioni, di scenari politici. Opere a cui fa eco il dipinto del soffitto affrescato verso la fine del XVII secolo da Bartolomeo Chiari, allievo di Giuseppe Maratti con la Nascita di Pindaro: un soggetto scelto per la camera d’udienza dei cardinali della famiglia con cui celebrare l’eloquenza poetica di Urbano VIII e dei Barberini.
Stratagemmi per sottolineare un’identità sociale talvolta erano in bilico tra buono e cattivo gusto: come non pensare, quindi, al ritratto di gruppo della famiglia Quarantotti, realizzato da Marco Benefial, con tanto di ambientazione esotica ed arredamenti singolari. Una messa in scena che contrasta con l’atteggiamento austero del predicatore, Giovanni Battista Quarantotti, che diverrà cardinale nel 1816.

Tutti vogliono essere all’altezza; una problematica sottile a cui risponde Pompeo Batoni, il ritrattista della grande nobiltà, della famiglia del papa, dei gentiluomini.Un esempio, il Ritratto di Abbondio Rezzonico, nipote del papa Clemente XIII che, grazie alla parentela, venne nominato senatore di Roma. Un quadro che sottolinea l’aspetto liturgico di questa nuova carica evidenziato dalla spada, dalla bilancia, dalla fascia littoria; un ritratto istoriato che amplifica la nuova carica di Abbondio Rezzonico.
Le vedute paesaggistiche
Anche l’arte rimane affascinata dalle nuove scoperte scientifiche: tra tutte l’ottica e la fascinazione che questa esercita nella sua applicazione all’arte. Così l’utilizzo della camera ottica diviene prerogativa di molti artisti come Canaletto, Francesco Guardi, Bernardo Bellotto. Opere ricche di dettagli che si fanno prefigurazione della macchina fotografica, documento ancora vivo dell’evoluzione della città sia dal punto di vista storico che sociale.
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Un orizzonte che si allarga sempre più grazie ai progressi della scienza che perfezionano mezzi come le lenti; strumenti che permettono di spaziare dall’infinitesimamente piccolo grazie all’ausilio del miscroscopio di Antoni van Leeuwenhoek, all’infinitesimamente grande con il cannocchiale di Christiaan Huyghens. Due olandesi così come Gaspar van Wittel, noto come Vanvitelli o Gaspare dagli occhiali, un soprannome indicativo di quelle lenti attraverso cui l’Urbe acquisisce una serie di vedute che anticipano le moderne cartoline. Un unico artista che racchiude più peculiarità, dalle esperienze da cartografo fino al rilievo architettonico, dalla precisione calligrafica sino alla sintesi ottica capace di cogliere la quotidianità delle strade di Roma con impressionante perizia ed attenzione lenticolare.
Un nuovo modo di vivere Palazzo Barberini che germoglia nell’Ala sud del museo con i capolavori del Seicento e del Settecento; un’esperienza che invita a vivere l’arte cogliendone i particolari, imparando a leggere ed ascoltare le pennellate degli artisti.
Ilenia Maria Melis

Mi presento, sono Ilenia Maria Melis e vivo a Roma, città dai mille volti, crocevia di culture.
Giornalista & blogger, laureata in Beni Culturali, curiosa per natura, da sempre appassionata di arte, archeologia e viaggi. Nascere in una città come Roma ha sicuramente stimolato il mio amore per l’antichità, per il bello; ogni angolo di questa città è un piccolo gioiello da scoprire, così come ogni borgo della nostra bella Italia.
Il viaggio diviene per me momento di scoperta, conoscenza, sorpresa; emozioni che desidero ogni giorno regalare a chi mi legge piantando il seme della curiosità tra le righe ed il desiderio di conoscere sempre cose nuove, che si tratti di arte o di cibo. E chissà che prima o poi questo semino non germogli e spinga sempre più persone a visitare nuove città, musei, a leggere libri e scoprire quel che di bello si nasconde dietro l’angolo.
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