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JAGO, Habemus Hominem: pulsazioni scultoree al Museo Carlo Bilotti di Roma

    Jago Habemus Hominem )
    Apparato circolatorio da Jago "Habemus Hominem" al Museo Carlo Bilotti - Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)
    Apparato circolatorio da Jago “Habemus Hominem” al Museo Carlo Bilotti – Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)

    Ad accogliere l’avventore un cuore che pulsa: la ceramica si muove nel battito primordiale che accompagna la nostra vita in una carrellata impressionante che va oltre lo studio anatomico. Ogni battito un colpo di scalpello che si realizza in 30 fotogrammi fusi nel costruire una singola palpitazione resa nella ceramica; sei mesi di lavoro composti per l’emozione di un battito, un istante, un frammento d’arte nello scorrere dell’esistenza.

    Come non rimanere affascinati da Habenus Hominem (2009-2016), un’opera che ha suscitato una forte critica ma che cela significati profondi, che rompe i canoni della tradizione, che sveste letteralmente il Pontefice alludendo al suo ritiro dal ruolo sacrale; un’opera che ha vissuto una revisione, come una doppia vita. Il busto di Benedetto XVI, dapprima presentato alla 54esima edizione della Biennale di Venezia nelle vesti canoniche, viene in un secondo tempo rilavorato, spogliato, facendo emergere l’umanità di chi ha abbandonato un’alta carica in virtù di un’esistenza terrena di preghiera e meditazione.

    Jago "Habemus Hominem" al Museo Carlo Bilotti - Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)
    Jago “Habemus Hominem” al Museo Carlo Bilotti – Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)

    Distruggere qualcosa che aveva vinto premi è stato come azzerare l’attaccamento all’opera; in quel momento era interessante fare un gesto introspettivo che togliesse il superfluo” commenta JAGO. Una metamorfosi dolorosa che vede anche nelle scorie dell’incisione una nuova vita negli occhi vividi del Pontefice, metafora di un sicuro destino salvifico. Superfici tracciate come carte geografiche dallo scorrere del tempo, dalle vicissitudini di una vita fatta di responsabilità, in cui i muscoli perdono il proprio vigore abbandonandosi agli effetti della senilità. Un sorriso sereno e occhi che sembrano scrutare l’animo per una scultura intesa quale mezzo di indagine sull’uomo; occhi che rendono lo spettatore partecipe del momento artistico, in grado di scegliere cosa è e cosa non è arte. Stimoli che mettono in evidenza ogni istante della creazione quale evoluzione artistica dell’opera, quale culmine del progetto.

    Venere da Jago "Habemus Hominem" al Museo Carlo Bilotti - Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)
    Venere da Jago “Habemus Hominem” al Museo Carlo Bilotti – Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)

    Ancora nudità, ora per omaggiare la bellezza femminile, eterna, in grado di valicare le età del tempo; così JAGO decide di spogliare un blocco di pietra fino a farne nascere un’opera: come la mitologia vuole che sia nata dallo spumeggiare delle onde, così dalla pietra nasce Venere (2017), una dea che non teme il tempo, che non ha paura dei segni che crudeli questo lascia sul suo corpo e che coraggiosamente si palesa all’avventore. Un’opera che fa riferimento alla Venere Capitolina, attualizzata nel contemporaneo, “una Venere che non parla più della Roma di oggi; quella era la Roma dei Fasti. Oggi Roma è un corpo decadente che porta su di sé le cicatrici di ciò che era, bellissima e piena di quei concettualismi che solo l’età ti può regalare” spiega l’artista. Una Venere stanca che non può nascondersi nemmeno dietro una bella acconciatura, che evidenzia fortemente la libertà espressiva di Jago che rompe i classici canoni di bellezza in virtù di opere veicolo di messaggi profondi.

    Memoria di sé da Jago "Habemus Hominem" al Museo Carlo Bilotti - Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)
    Memoria di sé da Jago “Habemus Hominem” al Museo Carlo Bilotti – Orizzonte Cultura (ph. I.M. Melis)

    Impronte scultoree di un artista che fa palpitare le proprie opere suscitando emozioni, portando alla mente iconografie e visioni: ricordi, memorie di quello che fu, prigioni da cui è impossibile evadere, battiti e moderne armi da difesa incastonate nella roccia.

    Virtuosismi di uno scultore eclettico alla ricerca di contaminazioni, aperto, capace di far convivere elementi diversi, di far parlare della verità del tempo.

    Ilenia Maria Melis

    Jago “Habemus Hominem”

    fino al 2 aprile 2018

    Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese

    Viale Fiorello La Guardia, 6 – Roma

    www.museocarlobilotti.it

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