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Maria Lai al MAXXI: Tenendo per mano il sole

    Fiabe intrecciate, metallo, 2007, La Stazione dell’Arte, Ulassai

    Maria Lai nasce nel 1919 ad Ulassai, in Ogliastra. Cagionevole di salute durante l’infanzia viene condotta nei mesi invernali nella pianura di Gairo in casa degli zii, così da potersi rinvigorire; questo però la porta a saltare quasi completamente la scuola. In un isolamento forzato la giovane Maria inizia a scoprire la forte attitudine per il disegno. Affascinata dal mondo dell’arte ha la fortuna di incontrare Salvatore Cambosu, suo maestro alla scuola secondaria, che ben presto ne scopre la spiccata sensibilità artistica. La giovane allieva ulassese si farà carico dell’importanza e del valore del latino e delle poesie e scoprirà il valore del ritmo delle parole che portano al silenzio. Nel 1939, al Liceo Artistico di Roma, continua la sua ricerca del segno. Completati gli studi al liceo, partirà alla volta di Verona e di Venezia poi, impossibilitata a far ritorno in Sardegna a causa della Seconda Guerra Mondiale.

    Maria Lai Photo Pietro Paolo Pinna
    Maria Lai (Photo Pietro Paolo Pinna)

    Tornata a casa nel 1945 in modo alquanto rocambolesco, giunge nella Capitale nel 1954 portando con sé un bagaglio di profonda tristezza causata dalle drammatiche vicende familiari. Dopo una prima personale decide di ritirarsi per dieci anni dal mondo dell’arte, vittima di una crisi poetiche che non le permette di essere vicina agli artisti ma che al contempo la avvicina al mondo della scrittura. Attraverso lo scrittore Giuseppe Dessì, riscopre il senso del mito e delle leggende della sua terra; traendo profonda ispirazione dai suoi libri, comprende quanto sia privilegiata la sua origine sarda. Da qui ha principio un percorso artistico che vede nelle origini, nel passato, la chiave per meglio leggere il futuro.

    Negli anni Settanta l’avvicinamento con il mondo della tessitura; una ricerca che le permette di sbarcare alla Biennale di Venezia. Gli anni Ottanta sono, invece, caratterizzati dal ciclo delle Geografie e dei Libri cuciti; hanno inizio le collaborazioni per la realizzazione delle copertine dei libri. Contemporaneamente hanno principio le prime operazioni sul territorio, come Legarsi alla Montagna, l’opera che la porta alla realizzazione delle future opere nel paese di Ulassai. Artista prolifica, trascorre gli ultimi anni di vita  nella casa di campagna vicino al paese di Cardedu.

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    Gli echi della poetica di Maria Lai si odono fino al MAXXI con una retrospettiva che racconta una grande donna, una poetessa, considerata una delle più grandi artiste del Novecento italiano. Una donna partita da una condizione svantaggiata nel mondo dell’arte in quanto donna; uno stato che la portò all’isolamento ma non scalfì la determinazione di trasmettere un messaggio talmente forte da travalicare ogni sorta di pregiudizio. Maria Lai sapeva che la propria ricerca si sarebbe impostata solo con il tempo, e non ebbe fretta aspettando si essere compresa, di essere accettata. Ed il tempo ha saputo restituirle onore innalzandola nell’universo dei grandi dell’arte.

    Non la solita mostra, ma una narrazione che, attraverso un’ampia selezione di opere perlopiù inedite, presenta il poliedrico mondo di Maria Lai e la fitta stratificazione di idee e suggestioni che ne hanno caratterizzato l’immaginario. Un percorso che si snoda in cinque sezioni, non cronologiche, che fanno riferimento alla sua pratica di cucire e ricucire. Il telaio, tessere, cucire, innestare rapporti, esistere e tessere perché si è in connessione; un messaggio di civiltà insito nelle opere di Maria Lai in un gioco di connessioni, continui rimandi ed intrecci tra i suoi lavori che compongono un’affascinante trama intessuta sull’esperienza dell’arte.

    Essere è tessere. Cucire e ricucire;

    L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e raccontare;

    Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere;

    Il viaggiatore astrale. Immaginare l’altrove;

    L’arte ci prende per mano.

    Incontrare e partecipare

    Maria Lai

    Un’arte che per l’artista doveva essere in grado di dialogare con tutti anche al di fuori del sistema dell’arte permettendo a tutti di comprendere le sue opere; un messaggio pedagogico insito e profondo, ma anche un messaggio anche politico che voleva rivendicare il ruolo femminile nel mondo dell’arte.

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    Stratificazioni dell’opera in cui tutto entra costantemente nell’altro senza mai negarlo; interpretazioni aperte e libere, discorsi all’apparenza sospesi e poi ripresi anche dopo molto tempo. Così le opere si susseguono una dopo l’altra accostandosi a video che riproducono la voce di Maria Lai. Materiali poveri recuperati dalla tradizione sarda, telai in cui il filo è mezzo prescelto per connettere elementi distanti tra loro, congiunzione che ricuce il senso delle cose. Il telaio si fa metafora di una ricerca interiore che vuole spingere l’artista a connettersi con il mondo esterno.

    MAXXI Maria Lai Telaio del meriggio
    Telaio del meriggio, 1967 legno, spago, tela, tempera cm 100 x 153 x 20 Collezione Fondazione Stazione dell’Arte Photo credit Tiziano Canu Courtesy Fondazione Stazione dell’Arte © Archivio Maria Lai by SIAE 2019

    L’arte si fa gioco per gli adulti, processo di crescita creativa anche per chi nel tempo ha acquisito sicurezze abbandonando le potenzialità dell’immaginazione. Inseguendo questo filone di pensiero Maria Lai concepisce le prime Fiabe cucite, opere aperte alla libera interpretazione, da rileggere dando loro ogni volta una chiave differente.

    Per Maria Lai la vita era un dono che la accomunava alle persone vicine. Da qui la pratica di inserire citazioni a testi e poesie amate nei libri cuciti. Scritture simulate che riportano alla memoria l’infanzia, quella fase antecedente l’alfabetizzazione , in una riflessione sui processi di elaborazione di apprendimento della scrittura.

    MAXXI_MariaLai_SenzaTitolo
    Senza titolo 1991 filo, stoffa, tempera cm 17 x 19 x 2,5 M77 Gallery, Milano Photo credit Lorenzo Palmieri Courtesy M77 Gallery e Archivio Maria Lai © Archivio Maria Lai by SIAE 2019

    Opere che invitano a scoprire nuovi mondi, ad inventare nuove cosmogonie avendo come punto di riferimento il filo tracciato dall’artista, impronta di un immaginario viaggio e punto di congiunzione tra gli elementi .

    Un’arte che ti prende per mano, che ricuce legami incrinati tra i personaggi del territorio circostante; nel 1981, al ritorno nel paese natale Maria Lai invita la comunità locale a creare insieme una grande opera collettiva che unisca tramite un filo le case reinterpretando un’antica leggenda del paese. Tutte le porte delle case vennero legate con circa 27 km di nastri di stoffa celeste. L’operazione materiale durò tre giorni: il primo giorno vennero tagliate le stoffe, il secondo giorno vennero distribuite e il terzo vennero legate, coinvolgendo donne, bambini, pastori, anziani. La leggenda a cui si fece riferimento prendeva spunto da un fatto storico avvenuto nel 1861 quando si staccò un costone della montagna travolgendo un’abitazione ed uccidendo alcune bambine. Solo una di loro riuscì a salvarsi, proprio quella che portava un nastro celeste in mano. I popolani videro in questo fatto un miracolo divino e ne conservarono il ricordo, tramandandone di generazione in generazione una versione in parte veritiera e in parte fiorita di pittoresche sfumature di fantasia.

    MAXXI Maria Lai al lavoro su La Scarpata
    Maria Lai al lavoro su una delle rampe de La scarpata, UIassai, 1993 Photo Maria Sofia Pisu

    Con Maria Lai. Tenendo per mano il sole al MAXXI si apre uno scorcio sensibile sul un’artista dalla forte carica artistica, capace di smuovere montagne, di instillare il germe dell’arte, dell’amore per le tradizioni in ogni uomo. Una mostra unica da vivere a cuore aperto cogliendo i suoni delle voci, aprendo la mente all’immaginazione emozionale.

    Ilenia Maria Melis

    MARIA LAI. Tenendo per mano il sole

    MAXXI

    via Guido Reni, 4A – Roma

    fino al 12 gennaio 2020

    www.maxxi.art

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