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Tra cascate di rose, delicate ninfee e sinuosi iris, si aprono le porte dei giardini di Monet

    Claude Monet Ninfee

    Claude Monet in mostra al Complesso del Vittoriano di Roma tra delicate ninfee che si muovono leggere su acque increspate; iris che si ergono da rigogliosi prati; cascate di rose, cieli variopinti che si riflettono nei laghetti oltre sinuosi ponti: questo è quello che sovviene alla mente pensando ad un maestro dell’Impressionismo come Claude Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926), associato a colori evanescenti e sfumati in cui i tratti si perdono trasformando le raffigurazioni in sogni onirici. C’è poi un altro lato del pittore parigino che spesso viene trascurato, cioè quello delle sue ultime produzioni nell’amata dimora di Giverny, in cui gli eventi atmosferici assumono corpo grazie a pennellate di colore che sprigionano la pura energia di un artista immortale.

    “Il mio giardino è l’opera d’arte più bella che io abbia creato” (Claude Monet)

    009 -Monet- foto Iskra Coronelli 2017 per Arthemisia
    Immagini della mostra dedicata a Monet al Complesso del Vittoriano

    Nasce così, al Complesso del Vittoriano, una mostra di grande eccellenza dedicata al padre dell’Impressionismo, raccontato, per la prima volta, nella sua natura più bella; fino all’11 febbraio 2018 sarà possibile ammirare circa 60 opere, le più care all’artista, per lungo tempo conservate nella sua ultima dimora. Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet spalanca la porta di casa del Maestro dell’Impressionismo permettendo all’avventore di entrare nella vita sua privata fatta non solo di fiori e giardini, ma anche caricature che gli permisero, all’inizio della propria carriere, di divenire un personaggio nella sua città natale.

    Claude Monet (1840-1926) Il castello di Dolceacqua, 1884 Olio su tela, 92x73 cm Parigi, Musée Marmottan Monet © Musée Marmottan Monet, paris
    Claude Monet (1840-1926) Il castello di Dolceacqua, 1884 Olio su tela, 92×73 cm Parigi, Musée Marmottan Monet © Musée Marmottan Monet, paris

    Molteplici le sfaccettature del lavoro di Monet presentate in mostra; una ricchezza infinita di sensazioni che scaturiscono dall’osservazione di paesaggi e dettagli che sembrano animati da un respiro vitale, frammenti di natura trasposti su tela, tramutati in essenza: “L’ho visto cogliere così un barbaglio di luce su una roccia bianca e registrarlo con un fiotto di pennellate gialle che, stranamente, rendevano l’effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. – scriveva Guy de MaupassantUn’altra volta ha preso a piene mani uno scroscio d’acqua abbattutosi sul mare e lo ha gettato rapidamente sulla tela. Ed era proprio la pioggia che era riuscito a dipingere, nient’altro che della pioggia che velava le onde, le rocce e il cielo, appena distinguibili sotto quel diluvio”.

    Claude Monet (1840-1926) Barca a vela. Effetto sera, 1885 Olio su tela, 54x65 cm Parigi, Musée Marmottan Monet © Musée Marmottan Monet
    Claude Monet (1840-1926) Barca a vela. Effetto sera, 1885 Olio su tela, 54×65 cm Parigi, Musée Marmottan Monet © Musée Marmottan Monet

    Un’arte che non ha mai smesso di evolversi anche in modo marcato; un viaggio che ha inizio dai quadri da cavalletto, con le vedute francesi di Parigi o quelle italiane, come quella dello splendido castello di Dolceacqua, testimonianza di una breve parentesi in Liguria. Quadri per tempo tenuti nascosti allo sguardo di critici e giornalisti, forse per paura che non potessero essere compresi; giunto alla vecchiaia l’artista preferiva, infatti, dipingere esprimendosi attraverso pennelli e colori piuttosto che sprecare tempo a spiegare le sue opere.

    Nella seconda parte dell’esposizione le opere dipinte nel 1883 in cui si assiste all’abbandono del tema dei giardini per abbracciare solo luce e spazio; un rinnovamento proprio solo di un artista universale. Opere molto criticate in un momento in cui, probabilmente, la modernità dell’artista non era né compresa né apprezzata. Intuendo questa reazione Monet decise di non presentare le ultime opere e nasconderle al riparo da sguardi indagatori.

    La luce rifulge dalle tele, abbaglia gli occhi estasiati da quei paesaggi resi tangibili dalle abili mai di un artista senza tempo; la nebbia di Vétheuil sembra quasi offuscare lo sguardo. Poi, d’improvviso, le tele vibrano sotto i colpi dei rossi vermiglio; visioni di fitte vegetazioni che saturano lo spazio. Il blu torna dominante, delicato e rassicurante, scrivendo gli ultimi istanti di vita di un Maestro in grado di vedere oltre il visibile, narrando ricordi ed sogni, interprete di vedute che esplosero di colori sotto i colpi intensi di dense pennellate: “Vedo tutto blu, non vedo più il rosso, non vedo più il giallo – confidava Monet a proposito dei disturbi della vista che lo affliggevano –  mi dà terribilmente fastidio perché so che questi colori esistono, so che sulla mia tavolozza c’è del rosso, del giallo, un verde speciale, un particolare viola; non li vedo più come li vedevo un tempo, e tuttavia li ricordo bene”.

    Ilenia Maria Melis

    Monet

    Capolavori del Musée Marmottan Monet, Parigi

    Complesso del Vittoriano – Ala Brasini

    fino all’11 febbraio 2018 (prorogata fino al 3 giugno 2018)

    www.ilvittoriano.com

    • Monet Emerocallidi
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