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World Press Photo 2016, il mondo in uno scatto al Museo di Roma in Trastevere

    World Press Photo, Migrants crossing

    World Press Photo 2016 in mostra al Museo di Roma in Trastevere, un’esposizione fotografica promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con 10b photography e la World Press Photo Foundation di Amster­dam. Organizzazione e servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura.

    Non solo una mostra fotografica, ma la celebrazione di un lavoro giornalistico volto a fissare nel tempo e nella mente frammenti di vita quotidiana tra dolore, gioia, guerra, speranza. Ogni anno, da 59 anni, una giuria indipendente, formata da esperti internazionali, è chiamata ad esprimersi su migliaia di domande di partecipazione inviate alla Fondazione di Amsterdam da foto-giornalisti provenienti da tutto il mondo.

    • World Press Photo, Syrians
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    • World Press Photo, Syrian
    • World Press Photo, Migrants crossing

    Per questa edizione le immagini sottoposte alla giuria del concorso World Press Photo sono state 82,951 immagini, inviate da 5.775 fotografi di 128 nazionalità. Otto categorie in cui la giuria ha premiato 42 fotografi provenienti da 21 paesi: Australia, Austria, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, Iran, Italia, Giappo­ne, Messico, Portogallo, Russia, Slovenia, Sud Africa, Spagna, Svezia, Svizzera, Siria, Turchia e Stati Uniti.
    Foto dell’anno è quella, scelta nella categoria Spot News, del fotografo australiano Warren Ri­chardson, realizzata a Roske, in Ungheria, al confine con la Serbia, il 28 agosto del 2015. L’im­magine, che si intitola Hope for new life, mostra un uomo che fa passare un bimbo attraverso il filo spinato ed è stata scelta per illustrare la situazione drammatica dei migranti che nel 2015 si è imposta sull’attualità.

    • World Press Photo, Migrant
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    Richardson, fotografo freelance, ha spiegato così il suo scatto: “Ero accampato con i rifugiati da cinque giorni sul confine. Un gruppo di circa 200 persone è arrivato, posizionandosi sotto gli alberi lungo la linea di recinzione. Prima sono passate le donne e i bambini, poi i padri e gli uomini anziani. Devo essere stato con questo gruppo per circa cinque ore, giocando al gatto e il topo con la polizia per tutta la notte. Non ho utilizzato il flash perché altrimenti la polizia avrebbe potuto vedere quelle persone. Ho scattato la foto grazie alla luce del chiaro di luna”.
    Francis Kohn, presidente della giuria, e caporedattore di fotografia dell’agenzia di Afp ha così commentato l’immagine vincitrice: “Quando all’inizio abbiamo guardato questa foto abbiamo subito capito che era un’immagine importante. Il suo potere stava nella sua semplicità, in particolare nel simbolismo del filo spinato. Rappresentava quasi tutto quello che si può esprimere visivamente rispetto a ciò che sta accadendo con i rifugiati. Penso che sia una foto classica, ma senza tempo”.

    • World Press Photo, Magnus Wennman
    • World Press Photo, China Coal
    • World Press Photo, Tibetans Gather
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    • World Press Photo, Exposure

    Le foto si susseguono una dopo l’altra catturando gli occhi del visitatore. Uno scatto abile e tempestivo coglie l’attimo in cui si genera la valanga; il terrore coglie l’osservatore in un terribile presagio di morte. Le vittime si scorgono per mezzo dei colori del loro equipaggiamento tra il soffice bianco della neve là dove impera il fervore dei soccorritori; il sangue si mescola alla neve tingendo il suo candore.
    Terremoti, dolore e speranza di sopravvivere; vani tentativi di recuperare gli effetti personali; poi solo fiamme che si ergono spietate dalle pire funerarie per celebrare le vittime del terremoto.
    I canti scandiscono l’operosità delle monache; lo sventolio delle bandiere annuncia la discesa di Buddha dal cielo; la luce del tramonto incornicia una nomade che si appresta a preparare il tea.
    Scatti struggenti che raccontano di stragi del mare, di profughi intenti nel compiere viaggi di speranza in quello che è considerato il più grande esodo del continente a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. Le persone in fila attendono di essere registrate nella speranza di riuscire a proseguire il loro viaggio regalando ai propri figli un futuro migliore. Nell’attesa della registrazione, i più piccoli si guardano intorno con occhi smarriti dietro sbarre e filo spinato.

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    • World Press Photo, Hasaka Syria
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    Ancora frammenti, immagini che testimoniano il rigore della Corea del Nord chiusa al mondo esterno ormai da 60 anni nell’isolamento e nella disciplina di bambini e giovani.
    Un volto riflesso sul vetro di una finestra illuminato dalla luce dorata dell’alba: è il viso di una bambina cieca che, curiosa della vita, esplora ciò che la circonda toccando, ascoltando ed annusando le cose, percependo la luce del giorno tramite il calore del sole.
    La vita esplode in manifestazioni di solidarietà per le vittime degli attentati di Parigi; una reazione forte ad una guerra alla cultura.
    Ancora dolore, quello che cattura il cuore contorcendolo nel tormento, nell’impotenza: come in una pellicola cinematografica si susseguono i fotogrammi che ritraggono le vittime di violenze sessuali spesso abbandonate al loro dolore. Vuoti assenze e lacrime in scorci di normalità. Problemi dell’animo impressi nella memoria, nel corpo di chi ha vissuto eventi spiacevoli che annebbiano la vista; corpi solcati dal sangue, da cicatrici profonde che deturpano a vita il corpo e la mente e che portano a chiedersi perché l’uomo sia talvolta così ingenuo e crudele.
    Ilenia Maria Melis

    World Press Photo 2016

    Museo di Roma in Trastevere

    Piazza S.Egidio 1B

    www.worldpressphotoroma.it

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